mercoledì 17 marzo 2010

Libertà di espressione

Uno dei vantaggi del vivere all'estero è che non capiscono quando dici parolacce. Sembra una cosa da poco, ma dà dipendenza ed è talmente piacevole che potrebbe da solo essere uno dei motivi principali per emigrare. Tutti gli aspiranti emigrati hanno ad un certo punto preso un foglio, l'hanno diviso a metà e hanno elencato i pro e i contro. Ma nessuno, ne sono convinto, ha mai messo nella colonna dei pro, come invece avremmo dovuto tutti fare, il fatto di poter dire parolacce più o meno liberamente. So di non essere l'unico che invoca i santi del paradiso a mezza voce quando in ufficio qualcosa non va, sento che ci sono schiere di italiani all'estero che saraccano senza ritegno protetti dalle differenze linguistiche, forza ammettetelo!
Per questo, se il mio inglese stenta a decollare, il mio italiano si è arricchito di una serie di coloriti intercalari e ormai non mi controllo più: davanti al mio pc in ufficio, per strada quando perdo il pullman, se qualcosa mi casca dalle mani o durante le partite di pallavolo. Dico cose che, in pubblico, non ho mai detto, all'insegna del "tanto chi mi capisce?" Finchè incontri uno che sorridendo ti dice "Italiano?"

mercoledì 10 marzo 2010

Oblio asimmetrico

Il "Zave" è un amico di vecchia data di mio padre, notissmo in paese, lo si vede spesso camminare e lanciare calorosi saluti e larghi sorrisi a destra e a sinistra. Sconosciuto soltanto a chi, al paese, è arrivato "dopo", riserva a questi trapiantati niente più che il banale "buongiorno". Quando una delle volte in cui sono tornato, incontrandolo, mi sono beccato proprio quest'ultimo "buongiorno" ho capito. Ho capito che non c'è simmetria nella lontananza di un emigrato, perchè è lui ad essere fuori posto, la vita degli altri continua uguale. Tu non dimentichi perchè ne va della tua identità, loro, invece, sì. Incontrando un conoscente c'è sempre un momento (più o meno lungo, solitamente in qulache modo proporzionale alla sua età) in cui ti guarda come a dire "E questo chi cazzo è?"
Addirittura mia madre è passata dal chiamarmi due volte alla settimana e lamantarsi perchè non ero io a farlo, al chiamarmi una volta a settimana senza più lamentarsi, al "Ah sei tu! Non mi aspettavo la chiamata" quella volta che chiamo. Perchè ora sono io che chiamo.

domenica 7 marzo 2010

Donne

Una volta, verso l'inizio della mia avverntura inglese, ho visto una mia collega portare degli scatoloni e mi sono offerto di aiutarla. "No grazie ma ci riesco da sola", mi ha risposto e un po' mi sono stupito. D'accordo, in quanto a forza poteva tranquillamente sollevare me, insieme agli scatoloni, ma non è questo il punto per un italiano, no? Il fatto è che per noi ci sono dei ruoli e non parlo solo di quei cafoni maschilisti sciovinisti che noi maschi non siamo altro. Anche le signore italiane, temo, hanno lo stesso problema. Qui si vedono donne spalare la neve, portare la spazzatura, guidare gli autobus, pulire le strade, oltre che fare gli avvocati, i dottori e i politici. Ha più senso parlare di partità così, no? Buona festa della donna a tutte le spalatrici di neve, portatrici di spazzatura, pulitrici di strade, autiste di pullman, avvocati, dottori e politiche che hanno capito cos'è la parità. E a tutte quelle che a volte aprono la porta agli uomini.