mercoledì 16 giugno 2010

Esperanto, ma fino a un certo punto

Una volta imparato come si dice bagher o palleggio, la pallavolo è diventata una specie di oasi dove diventa facile comunicare, dove le differenze culturali quasi si azzerano, dove non conta più se a colazione prendi un caffelatte o le uova col bacon. C'è un solo modo di murare l'avversario e c'è un solo modo per esultare dopo. Su tutti i campi del mondo gli allenatori hanno lo stesso sorriso malvagio quando dicono "Ok ragazzi, ripetute. Tutti a fondo campo". Puoi anche non capire cosa ha detto ma glielo leggi in faccia che stai per sputare l'anima. E nel Paese in cui il volante sta inspiegabilmente a destra è quasi un miracolo che in campo si giri dalla stessa parte che nel resto del mondo.
Ma quando rientri negli spogliatoi e vedi che si sono portati la birra sotto la doccia, ti ritorna ben chiaro che va bene la pallavolo, ma sono pur sempre inglesi, loro.

mercoledì 9 giugno 2010

La dura lezione del fantasma formaggino

Essere immigrato italiano nel Regno Unito in trasferta ad Hong Kong potrebbe sembrare complicato, ma per i colleghi cinesi che lavorano nel nostro ufficio di Hong Kong io ero solo uno di quelli che stanno in Europa.
Si vedeva che l'avevano già fatto altre volte: era arrivato il britannico, lo avevano portato in un ristorante e avevano ordinato le cose più strane per poi godersi la sua faccia. Chissà quante volte, dopo altrettanti primi assaggi degli stranieri, hanno chiesto "hai capito cos'è?" con quel sorrisetto superiore che mi sono trovato davanti anche io. Cazzo, ai cinesi piace da matti fare i cinesi, adorano vantarsi di lavorare tanto e di mangiare tutto ciò che ha gambe, salvo i tavoli. Solo che io non sono britannico, è un po' come nelle barzellette: "c'è un inglese, un francese e un italiano..." ovvio chi vince, no?
"Hai capito cos'è?" mi hanno chiesto dopo il primo assaggio, ma le zampe di gallina non potevano impressionarmi visto che mia madre se le sgranocchia allegramente tutte le volte che fa il brodo di pollo. Nemmeno la testa del pesce era riuscita nell'intento, dopo tutte quelle che ho visto ripuilte da mio zio Claudio che è il grande mangiatore di teste di pesce della famiglia. La loro delusione era però destinata a trasformarsi presto in disfatta totale, essendo io lombardo oltre che italiano: la descrizione della trippa, del musetto del maiale nella cassöla e degli uccellini sulla polenta hanno impietosamente chiuso la partita, strappando anche qualche smorfia. Il fantasma formaggino era scappato per molto meno, ma i miei colleghi cinesi non potevano saperlo.