sabato 5 dicembre 2009

No Berlusconi day

Non è la prima volta che un post in questo blog insulso ha la presunzione di partecipare a qualche evento più serio della blogosfera. Era successo qui, ma anche qui. E la pretesa ancora maggiore è stilistica: l'idea è quella di non cambiare registro. Eccovi quindi un rapido scambio di battute tra me e un mio collega, perfettamente in tema con il No Berlusconi Day del 5 Dicembre e con il blog.
Il mio collega: "Com'è che si chiamava?"
Io: "Chi, il nostro presidente del Consiglio?"
Collega: "Eh, lui"
Io (un po' sorpreso): "Berlusconi, Silvio Berlusconi"
Lui: "Mmmh...", sfregandosi il mento e concentrandosi, "Non è quello delle puttane?"

mercoledì 2 dicembre 2009

Rudimenti di fisica

Tutto andava come al solito sul pullman, finchè il signore distinto che stava leggendo il giornale chiama il tizio seduto dall'altro lato e gli fa segno di togliere le cuffie.
Avremmo tutti dovuto capire che non avrebbe più potuto essere un viaggio facile, visto che il grasso signore distinto stava già mostrando da qualche minuto inequivocabili segni di irrequietezza. Immerso nella lettura del suo giornale ultraconservatore, mugugnava e squoteva la testa da quando era incappato nell'articolo a due pagine contro l'Unione Europea dal titolo "L'Europa ci tiene sotto controllo".
"Abbassa il volume", gli dice, "sento la musica fin qui". L'altro, un po' stupito e un po' irritato, traffica col suo iPod e si rimette le cuffie. Ma si sa, gli ultraconservatori di un certo calibro non son qui a farsi prendere per il naso, nè da un'Unione Europea qualunque nè tantomeno dalle classi inferiori i cui esponenti sono soliti infestare i mezzi pubblici all'ora di punta. Dopo qualche minuto, quindi, il grassone sbotta di nuovo all'indirizzo del disgraziato con le cuffie, dall'altro lato del pullman: "Ora abbassa quella musica, ok? E' da mezz'ora che vengo bombardato con la tua frequenza. Abbassa quella frequenza del cavolo! Se la sento io, la musica, vuol dire che la senti anche tu!"
E' da questo momento che la cosa diventa una discussione di gruppo: "io non la sento la musica", dice la signora seduta accanto al malcapitato; "La signora non la sente!" dice il malcapitato. "Non è lui, è quella ragazza", dice una signorina davanti al ciccione conservatore, che soggiunge: "in questo paese le cose stanno andando a rotoli", probabilmente considerando l'Unione Europea responsabile per una buona parte e le classi inferiori per la restante. "Lei è davvero maleducato" dice qualcuno, "Lei è davvero maleducato" risponde il pachidermico lord con quella voce da presa per il culo tipo "gne gne gne gne". Una ragazza dai lineamenti asiatici e dall'accento 100% british gli dice "E' gente come lei che rovina questo paese", "E' proprio quello che penso io della gente come lei che invade il nostro paese".
Non so come sia finita perchè, schifato, sono sceso due chilometri prima della mia fermata. Tra me e me pensavo: come cavolo si fa a confondere l'Ampiezza con la Frequenza?

Juzzblog

mercoledì 11 novembre 2009

Immigrati in erba

Una ragazza al bancone fa la sua ordinazione, con un inglese pieno di eeeeh... aaaah... ooooh... come solo quello di noi italiani e la commessa risponde qualcosa. Lei quindi si volta verso i suoi genitori e si mette a tradurre tutto, difatti, in italiano. Io sono lì di fianco e faccio la mia ordinazione all'altro commesso, anche la mia tutta piena dei nostri tipici eeeeh... aaaah... ooooh... e lui mi risponde con un accento non propriamente inglese, sebbene con molti meno eeeeh... aaaah... ooooh... Cerco il nome sulla sua divisa: Gianpaolo. In quel metro quadrato cinque persone su sei erano italiane ma tutti ci sforzavamo di parlare inglese ("eeeeh... aaaah... ooooh"), ma Gianpaolo, nel bel mezzo della traduzione della ragazza nell'altra fila, rompe l'incantesimo e incomincia a tradurre in italiano per lei. Un pensiero gentile, si direbbe, solo che noi novelli immigrati abbiamo tutti, chi più chi meno, chi con maggior autocontrollo e chi con molto meno, la sensazione di essere qui per purificare la nostra italianità e per sfuggire ad un provincialismo "pizza e mandolino". A lavare i panni in Tamigi, insomma. Per questo, la ragazza non degna Gianpaolo di più di uno sguardo, un po' offesa perchè è stata in qualche modo riportata a forza nella provincia di pizza e mandolino che le è destinata.
Io gli dico "ma siamo tutti italiani qui!" Lui mi risponde che si, siamo in tanti, ma che vent'anni fa, quando lui è arrivato a Londra, era più facile riconoscersi tra italiani. "Bastava una camicia stirata e capivi al volo che erano italiani". Non so se intendesse dire che gli inglesi hanno imparato a stirarsi le camicie o che dovrei farlo io.

giovedì 15 ottobre 2009

Il mutamento climatico

Nel piccolo dell'inutilità di questo blog, vorrei partecipare a Blog Action Day 2009, che quest'anno ha per tema il mutamento climatico. Blog action invita i blogger a trattare l'argomento dell'anno nel contesto del tema trattato nei loro blog.
Ebbene, sulla mia esperienza inglese a proposito del clima c'è un sacco di roba da dire, come immaginerete, anzi: secchiate di cose da dire.
Noi italiani non sapremo parlare inglese e ignoreremo pure la cultura anglosassone, ma se c'è una cosa che sappiamo bene è che in Inghilterra (ecco, un'altra cosa che non sappiamo è la distinzione tra Regno Unito e Inghilterra) in Inghilterra, dicevo, piove. Ma non è che piove e basta, piove nel modo peggiore possibile, piove a macchia di leopardo, piove nei momenti sbagliati, nella direzione sbagliata, anzi piove a vortici, tanto che non sai mai da che parte girare l'ombrello. Gli Inglesi, quelli veri, anzi più in generale i Britannici, non usano l'ombrello, è semplicemente impossibile. Ma soprattutto piove nella stagione sbagliata.
Per questo motivo quest'anno non posso dire di aver vissuto una vera e propria estate e sono arrivato a settembre con una strana sensazione, un misto di incredulità e insoddisfazione che, fino ad oggi, non avevo messo a fuoco. Abituato ormai da trent'anni, trentuno per i sadici pignoli che si annidano tra di voi, ad avere la "bella stagione" come una boa in mezzo all'anno, ora mi trovo senza un punto di riferimento. Ha piovuto a giugno, luglio ed agosto. Non tutti i giorni eh, ma spesso, tanto spesso da mantenere una temperatura da primavera, non certo da estate. Pare comunque che quest'anno il tempo sia stato eccezionalmente brutto.
Capelli da punk, mole da lottatore di sumo ma animo da artista (è pittore di nudi), il ragazzo che lavora nell'ufficio di fronte al mio non ha dubbi: alla mia domanda un po' preoccupata "ma è sempre così d'estate??" risponde: "No, quest'anno dev'essere stato El Niño".

juzzblog

venerdì 28 agosto 2009

Dolori

Scrivo questo post grazie alla residua mobilità di cui ancora godono le dita delle mani, sebbene anche loro, come bene o male il resto del corpo, soffrano del primo allenamento di pallavolo dopo un anno di fermo assoulto.
Da un po' avevo il dubbio che il mio fisico si fosse un filo afflosciato (vedi questo vecchio post) ma solo un'idea vaga della portata dell'inflaccidimento, di cui, comunque, ho avuto piena coscienza non più di dieci minuti dall'inizio dell'allenamento. E la verità fa male, è proprio il caso di dirlo.
Nel gruppo ci saranno si e no tre inglesi, per il resto il gruppo vede la presenza di mezza Europa: greci, olandesi, italiani e polacchi. L'enclave polacca, in particolare, è una valanga di parolacce e pallonate proveniente ad occhio e croce da una serie C o superiore, credo sia la prima volta che certe cose avvengono nello stesso campo in cui gioco io e avrei anche potuto godermi di più lo spettacolo se il processo di legnificazione muscolare non avesse preso tanto precocemente il sopravvento.

sabato 1 agosto 2009

Venerdì sera all'inglese

"Ma Berghèm de hura o de hota?"
Non era esattamente quello che mi aspettavo di sentirmi dire in un venerdì sera all'inglese... ma tant'è: Massimiliano di Firenze era lì, nello stesso pub dove sono finito con alcuni colleghi venerdì scorso.
Se c'è una cosa che ho capito abbastanza presto è che tra colleghi, in Inghilterra, non c'è una grande confidenza. Tutti gentili, eh, per carità (almeno i miei, di colleghi), ma in Italia di solito si organizzano uscite tra colleghi (gli odiati aperitivi di Milano, per esempio) molto più di frequente.
Così, quando la settimana scorsa, dopo otto mesi di irreale silenzio, qualche impavido ha mandato una mail per organizzare un uscita tra colleghi, ho subito accettato. Un non proprio nutrito gruppo di quattro persone ha prontamente aderito all'iniziativa, per il resto la mail è stata bellamente ignorata per una settimana, salvo poi accampare le scuse più banali all'ultimo momento. Ok, meglio soli che male accompagnati, no?
E così comincia la mia unica serata di vita sociale con i colleghi in otto lunghi mesi, nella quale ho sperimentato, in prima persona, come sia il tipico venerdì sera all'inglese. Si beve un bicchiere in un bar, poi si cambia locale e se ne ordina un altro e così via, il tutto rigorosamente stando in piedi nei pressi del bancone. Considerando che la serata è cominciata attorno alle otto di sera (e, tra l'altro, non sono mica tanto puntuali, questi inglesi) alle undici e mezza mi ero già rotto i maroni di stare in piedi!
Io non so, ma ci deve essere lo zampino della genetica e probabilmente da queste parti sono dotati di una vescica urinaria molto più sviluppata della nostra, vuoi per capienza, vuoi per capacità contenitiva. Ad ogni ordinazione parte una pinta di birra o bene che vada un bicchierozzo di qualcosa, anche non leggero, ma di certo non la modica quantità e nonostante questo non hanno mai bisogno del bagno.
Io, che a metà serata avevo già visitato le toilette di tutti i posti dove siamo entrati, ho cambiato strategia e ho ordinato una tequila, tanto per ridurre i liquidi ingeriti. Mi hanno guardato come un alieno. Uno mi ha detto "ah, tu sei uno di quelli che bevono da alternativi", come potevo spiegargli la storia del cesso? Non mi sembrava elegante!
Poi la serata è finita, non tanto tardi che qui non si usa, diciamo che sarà stata mezzanotte (e diciamo anche che io sono stato il primo ad andare via, che nemmeno io uso molto) e io mi sono incamminato verso casa, sotto la tipica pioggerellina inglese, dopo un tipico venerdì sera inglese, con il desiderio, disperato di nuovo, di arrivare al bagno.

martedì 14 luglio 2009

Parentesi

Anche se questo blog ha come missione parlare di cose stupide, aderisco alla protesta contro la legge Alfano, detta 'bavaglio'. Saluti.

mercoledì 24 giugno 2009

Disservizi

Domenica mattina, stazione dei pullman di Bristol.
Attendo con ansia l'arrivo del pullman per Portishead, la ridente località sul fangoso canale di Bristol che ha dato il nome al famoso gruppo musicale. Per chi accogliesse questa puntualizzazione con sorriso sarcastico, sottolineo che non è affatto poco. Tutte le altre ridenti località che si affacciano sul canale di Bristol, infatti, si possono fregiare del solo attributo fangoso.
Comunque, ad un certo punto il pullman arriva e io faccio per salire quando l'autista mi ferma e dice di aspettare, qualcosa non va nel pullman. O cazzo, penso io, sono finito! E' domenica mattina (neanche tanto avanzata, sapete come sono fatto: amo partire presto), come si fa a riparare un guasto? Mi toccherà aspettare il pullman dopo, penso, poi l'autista sparisce. Quando ricompare apprendo che il guasto è il tergicristallo che non è in posizione e, seppur con cautela perchè non so mai se capisco esattamente quello che mi dicono, ricomincio a sperare di partire in orario: in fondo chi se ne frega di un tergicristallo per un viaggio di 40 minuti se non piove? Tra l'altro, chi l'ha mai saputo come si dice tergicristallo in inglese? Però la mimica era chiarissima, non poteva che trattarsi del tergicristallo, quindi tutti a bordo? - gli chiedo con un cenno. No. Nel Regno Unito non funziona così, se il tergicristallo non va, il pullman non funziona correttamente, logica conseguenza di ciò è l'avvio della procedura prevista in caso di guasto. Mi è stato chiaro solo in seguito perchè si possono permettere di essere fastidiosamente pignoli: non curante del fatto che la domenica è il giorno del signore e che, bene che vada, sono le nove e mezza del mattino, dopo pochi minuti arriva il furgoncino delle riparazioni con il suo bravo omino preposto alle riparazioni. Ero stupefatto, ma non era ancora niente. Nella mia carriera di pendolare sulla linea Bergamo-Milano, di omini preposti ne ho visti uno sterminio (sebbene non alle nove e mezza della domenica mattina) e questo, sistematicamente dico, non ha mai voluto dire un cazzo.
Quando ho visto il meccanico infilarsi i guanti e mettersi a lavorare, ho capito che avrebbe davvero potuto succedere qualsiasi cosa, era una specie di segno messianico per il pendolare che è in me, ero ormai pronto a vedere ogni meraviglia, immaginabile o no, materializzarsi davanti ai miei occhi. E le meraviglie sono effettivamente avvenute: l'autista che aiuta il meccanico, nessuno che urla a non si sa bene chi "Gennààààà cum'è che sa sssshvita stu cazz'e bbullone?" e non da ultimo i pezzi di ricambio necessari che sono già dentro al furgone. Certo il pullman è partito in ritardo, ma con solo venti minuti di ritardo, certo l'italiano che è in me forse non capirà mai fino in fondo la necessità di cambiare il tergicristallo, ma sono qui anche per imparare.
Ah, le immagini della gita che alla fine ho potuto fare:

Il primo post dal cellulare

Questo è il primo post dal cellulare, vediamo come viene. Ci metto pure una foto, via! Mi voglio rovinare!

lunedì 15 giugno 2009

Razionalità annebbiata

Oh, sentite questa, l'ho inventata io, per strada: "L'irrazionalità è un bisogno dell'uomo, la razionalità una necessità della società". Azz, sono un filosofo! D'altra parte finire di lavorare alle 8 di sera, quando entro a quella scatola misteriosa che è il computer avvengono cose razionalmente incomprensibili, lascia il segno. Sai quando le cose per magia smettono di funzionare improvvisamente e senza nessun motivo sensato? Ecco... di solito capita alle 5 del pomeriggio, il giorno prima di una presentazione e se c'è un disegno intelligente in tutto questo allora c'è qualche sadico lassù che si diverte a prenderci per il culo. Per questo l'irrazionalità è un bisogno dell'uomo.
E in mezzo a tutti gli sforzi razionali che devi fare per aggiustare le cose, per farle funzionare secondo un ordine e per portarsi a casa la pagnotta, mentre costringi il tuo cervello (anche limitato, lui, poverino) a spremersi per cacciare fuori qualche buona idea che ti consenta di tornartene a casa a scrivere il tuo blog, mentre lo imbrigli dentro tutta la razionalità di cui sei capace, ti sguscia fuori da non si sa dove un rigurgito di irrazionalità. E' così che tra un reboot e l'altro la mia collega dice "cioè hai capito? Questi hanno cominciato a parlare di trinità e io gli ho detto 'guarda, non mi parlare di trinità, io sono unitiarista', 'trinità? no non è la trinità', 'cooosa? Il padre il figlio e lo spirito santo, cosa sono?? la trinità!' cioè parlavano di trinità e non sapevano neanche quello che dicevano. No, io faccio parte degli unitaristi". "Ma siete cristiani?", le chiedo io. "Beh, più o meno ci sono vari gruppi, non c'è una dottrina fissa per tutti". Cioè, io me li immagino questi, incontrarsi in gruppi sempre più piccoli per inconciliabili divergenze dottrinali, ad avventurarsi in carpiati concettuali (tipici di molti ragionamenti religiosi) piuttosto che rinunciare al loro momento di irrazionalità istituzionalizzata. E non è un caso che questo Paese di pazzi con mille religioni fantasiose e un po' anarchiche sia lo stesso Paese che dà l'esempio al mondo in quanto ad ordine e organizzazione, ve l'ho detto e dovreste cominciare a credermi, perchè un giorno lo leggerete scritto nei baci perugina: "L'irrazionalità è un bisogno dell'uomo, la razionalità un necessità della società".

domenica 31 maggio 2009

Le meraviglie di Londra

Londra è una città veramente incredibile! Quando ci vai per la prima volta rimani con il naso all'insù per tutto il tempo e per ogni angolo che giri, vedi qualcosa di estremamente famoso, un'icona. Buckingham Palace, il Big Ben, Westminster, il Tamigi, la cupola di Saint Paul, i pullman e le cabine telefoniche rosse... Ma capita anche che sei seduto in un bar e all'improvviso ti entra la grande star del cinema, come mi è capitato qualche giorno fa. Alcune ragazze, che erano in fila alla cassa, tornano al tavolo incredule e cominciano a dire "Jude Law, Jude Law! C'è Jude Law, oddio non ci posso credere" Si sa come sono le ragazze: il ritmo delle parole si è impennato al limite del comprensibile, la frequenza si è pericolosamente avvicinata agli ultra suoni. E tra "Guardalo quanto è bello!", "Non ci credo", "Ora vado e gli chiedo una foto", "Poverino, in fondo è solo", tutto il locale, piano piano, si rende conto dell'incredibile momento storico di cui siamo testimoni.
Devo ammettere che l'atmosfera elettrizzante mi ha contagiato un po', cazzo non capita tutti i giorni di vedere dal vivo una star del cinema, di oltrepassare il confine dello schermo e stare fianco a fianco con un eroe del grande schermo: "Porcaccia la miseria, Jude Law", penso, "domani lo racconto a tutti".
Poi lo noto anche io, tutto sorrisi parlare con una commessa in brodo di giuggiole, sporgendosi leggermente verso di lei oltre il bancone con i suoi occhiali scuri. E' stato allora che ho detto "sì, ma chi minchia è Jude Law?"

martedì 12 maggio 2009

Il filo rosso

Avendo, tra le altre cose, dimenticato anche il badge, una mattina mi trovo davanti alla porta d'ingresso della ITV (che e' l'edificio dove lavoro) ad esclamare con gli occhi al cielo "cazzo, ho dimenticato anche il badge". Salgo quindi la rampa dell'ingresso principale ancora avvolto dalle nebbie cerebrali tipiche del lunedi' mattina e pigio il bottoncino del citofono per implorare l'usciere di aprirmi. Per inciso l'usciere e' lo stesso di http://applejuzz.blogspot.com/2009/01/e-non-abbiam-bisogno-di-parole.html.
Un celestiale quanto familiare trillo si leva dal citofono, il tipico suono del citofono Comelit. Incredibile, ho lavorato in Comelit fino a novembre dell'anno scorso e ora che sono a migliaia di chilometri (anzi di miglia) di distanza mi trovo un citofono Comelit (un Vandalcom per la precisione) fuori dall'ufficio, ironia della sorte!
Devo ammettere che stavo per rispondere d'istinto "Com'e' com'e'" che era la tipica frase durante i test di un citofono, detta e ridetta migliaia di volte sui banconi di prova a Rovetta, nella sede di Comelit. Ma non ho detto niente e chi sa la storia dell'usciere (vedi link sopra) non si stupira', anzi immaginera' che una volta entrato ho alzato il dito e ho preso le chiavi per aprire il mio ufficio. Solo che stavolta sorridevo piu' per la sorpresa che per britannica cortesia.

giovedì 19 marzo 2009

Crisi di un supposto chef

Andava tutto bene: carbonara con bacon britannico, canederli con formaggio cheddar, risotto con speck e mele inglesi, polenta con uovo all'occhio di bue e bacon fritto e perfino pasta di marca Somerset. Andava tutto bene, l'integrazione dei prodotti locali nei miei cavalli di battaglia culinari procedeva a gonfie vele facendo crescere il mio ego di chef di giorno in giorno. Sarebbe tutto perfetto se il sottoscritto supposto chef non avesse sempre, costantemente e miseramente fallito con la bistecca. Porca vacca (imprecazione scelta con cura), una semplice e stupida bistecca, niente di che, non sto mica parlando di un souffle': la bistecca! Le ho provate tutte: sottile, alta, British, Irish, a secco in padella, con burro, olio, a fiamma viva o a fuoco piu' dolce, appena comprata o lasciata in frigo un giorno, battuta o meno, ben cotta o al sangue, comprata da Sainsbury, Tesco o Somerset. Niente: viene sempre dura e asciutta come suola di scarpa.
Io... io sono in crisi, non so piu' chi sono e il dubbio piu' grande della mia vita sta affiorando sempre piu' chiaramente: e se, dopo tanto tirarsela, in realta' non sapessi cucinare?

sabato 28 febbraio 2009

Lavaggio del cervello globalizzato

Siamo tutti condannati a vedere la stessa merda, non c'è scampo. Pensavo di essere sfuggito al grande fratello, ai talk show della Maria de Filippi e a Chi vuol essere milionario. Ero poi certo che nè Pacchi delle 8 di sera nè Forum, nè la Prova del cuoco nè l'anello debole di Papi avrebbero potuto turbare di nuovo il mio equilibrio psichico. Invece, cazzo, ci sono tutti e si ha davvero l'impressione che guardiamo tutti la stessa merda, in televisione. Non ho la televisione a casa, per fortuna, ma devo lavorare con la televisione accesa quasi sempre e non posso fare a meno di notare che i programmi sono gli stessi, con alcune sorprendenti differenze. Per esempio l'inflazionata Antonellina Clerici è un nero grande e grosso e poi non ci sono ne l'odiosa Anna Moroni nè "corvo bianco" Bigazzi. Per forza non ci sono, prova tu a rompere i maroni come fanno loro al conduttore con "ti sei lavata le mani, tesoro" e "ma Antonellina, l'ovo va solo girato", quando il conduttore è una specie di Tyson. Forse c'erano all'inizio, ma sono morti.

martedì 3 febbraio 2009

Puntualità inglese

Vento gelido, temperature polari e 5 centimetri di neve hanno fermato tutto. E quando dico tutto... autobus e treni non funzionano, le scuole sono chiuse, non faceva così freddo tipo da vent'anni. "Dai, smettiamo di funzionare", devono aver pensato i miei caloriferi, "quale giorno migliore?" Con un tempismo eccezionale, infatti, il mio riscaldamento ha smesso di funzionare insieme al resto dell'Inghilterra, gli unici segni di vita erano la ventola che non smetteva di girare e la beffarda luce verde del "Vaaaai tranquillo, è tutto a posto!" Tra colorite bestemmie e altre più generiche imprecazioni come unica fonte di riscaldamento, mi sono messo ad analizzare la situazione, con la relativa tranquillità del softwarista "che tanto al massimo resettiamo e va tutto a posto". Dopo qualche minuto di ricerca, però, in preda ad una specie di terrore incredulo, mi sono dovuto arrendere all'evidenza che non c'era traccia di un interruttore nel raggio di due metri attorno alla caldaia.
Tutto è bene quel che finisce bene, comunque: il buon senso inglese prevede che l'interruttore per spegnere la caldaia debba trovarsi dietro l'armadio della camera a fianco.

venerdì 23 gennaio 2009

E non abbiam bisogno di parole

Alla mattina arrivo presto al lavoro e non è detto che ci sia già qualcuno in ufficio per cui capita che sia io a dover aprire e quindi, che sia io a dover chiedere le chiavi in reception. I primi giorni, completo di sorriso di cortesia, partivo con una frase tutta fatta bene, equipaggiata con tutti i suoi bei soggetti, verbi coniugati e complementi. Impiegandoci 20 minuti a raggiungere l'ufficio da casa, avevo tutto il tempo per prepararla. Chiedi oggi, chiedi domani, l'usciere ha cominciato a rispondermi prima ancora che finissi la frase, sebbene preparata con tanta cura lungo il percorso. Hanno già preso le chiav... Qualcuno ha preso l... C'è già qualc... Chiav... Giorno per giorno, il colloquio si è accorciato sempre di più, ovviamente senza mai perdere la classica britannica cordialità. Ed è così che da qualche giorno, la gente assiste ad un surreale colloquio silenzioso tra uno strano tipo che, sorridendo, punta il dito in alto e l'usciere che, da dietro il banco, gli risponde annuendo e sorridendo a sua volta.

domenica 11 gennaio 2009

Informazioni di servizio

Visto che il numero di lettori (nominali) del blog ha ormai raggiunto la stratosferica cifra di quattro, è il momento che sappiate che:

1) i post possono ora essere commentati da tutti, senza log in
2) se qualcuno ha un news reader, può aggiungere questo indirizzo per avere notifiche di nuovi post: http://applejuzz.blogspot.com/feeds/posts/default

Ci starebbe bene un punto numero tre ma è da mezz'ora che lo cerco e non mi viene, quindi mi fermo qui.

L'importanza di chiamarsi Sergio

Ok, forse non sono la persona più tollerante di questo pianeta, ma non pensavo che questo avrebbe mai potuto essere un problema: il mio nome. Il fatto è che qui non è che dicono Sergio (con 5 suoni di cui due vocali: 's', 'e', 'r', 'g' morbida e 'o'), no, qui mi chiamano sörgijou. Che non riesco nemmeno a scriverlo con la maiuscola davanti, perchè che cazzo è, un nome?? Vedi? Già viene fuori tutta l'intolleranza che ho maturato in questo mese nel regno di Elisabetta II. Dicevo, comunque, che non pensavo potesse essere un problema ma lo è e non credo nemmeno che sia solo una roba mia, è un fatto di identità, prova te a sentirti chiamare in un modo sbagliato per un mese e da tutti, impazzisci! E non cominciamo con il solito relativismo "non puoi dire che sia sbagliato, in fondo è il loro modo di pronunciarlo". Eh no, qui si tratta di me, capito? Io sono affezionato al mio nome e sono abbastanza (ancora) certo che non sia affatto sörgijou ma Sergio. Magari con quella bella e aperta di noi lombardi: Sèrgio. Aaah che figata!

domenica 4 gennaio 2009

Capodanno col Gibo



Io e il prode Gibo siamo approdati a Londra verso le dieci e mezza della sera dell'ultimo e ci siamo subito gettati nel fiume di persone dirette a Westminster per vedere i fuochi d'artificio. Per prima cosa, delusione per la mitica puntualità inglese: sul maxi schermo il conto alla rovescia segnava ancora meno dieci quando il grande Beniamino (ma si dai, l'orologio del campanile di Westminster) ha cominciato a suonare e sono partiti i tanto attesi fuochi d'artificio. Certo per noi fortunati che abbiamo assistito a quelli di Paderno non è che sia stata proprio una grossa sorpresa, ma tutto sommato non erano male (* per i seriatesi che non l'avessero notato il sarcasmo, l'ultimo periodo era una battuta).
Finiti i fuochi, siamo abbiamo scelto uno dei fiumi di persone che lasciavano la piazza e abbiamo cominciato a girare per la città, adottando l'ormai consunta tecnica della fotografia per attaccare bottone: "scusa, ci fai una foto?" Certo poi ti capita che non hai visto che il gruppo di ragazze è seguito da un gruppo di ragazzi (di numero uguale) e allora poi questi (che probabilmente le hanno abbordate un istante prima dicendo "scusa, ci fate una foto?") capiscono che non è la foto che ti importa e allora ti raggiungono e ti chiedono "scusa, adesso ci fai tu una foto tutti insieme?" e tu sei costretto ad immortalarli con le loro prede. Ed è così che io e il Gibo ci siamo ritrovati con un mare di foto di noi due.
Alla fine ci siamo ritrovati in un bar ad aspettare che Cinzia finisse di lavorare e che ci portasse a casa sua, dove avremmo passato la notte: erano circa le due. Mentre ero al bancone per ordinare due birre, sono stato avvicinato da un tizio con un accento strano che ha esordito dicendo "credi nell'amore?" Dopo pochi istanti ha sfoderato la sua tesi filosofica completa: "sai, la scienza è fede, Dio è amore, quindi la scienza è amore". Non gli ho nascosto il mio scetticismo, ma lui non accusando particolarmente il colpo si è messo a parlare col barista, come se niente fosse.
Il giorno dopo naturalmente stavo male. Sarà stato un po' perchè non sono un grade bevitore e un po' perchè faceva freddo, sta di fatto che ho inaugurato l'anno nuovo con frequenti visite al cesso e una lunga degenza a letto, mentre sentivo, Gibo, Cinzia e gli altri suoi coinquilini ridere e scherzare dall'alltra parte del muro.
Alla sera ci siamo rimessi in cammino, alla volta di Bristol, accompagnati da Cinzia, il nostro Virgilio nel dedalo di pullman e metro che separano casa sua dalla stazione dei treni. Di questa parte dell'esperienza londinse rimmarrà nella storia la lapidaria diagnosi di Cinzia al Gibo, dopo l'ennesima sua risposta "eeeeehm... per me è uguale, quello che vuoi tu va bene", Cinzia, lapidaria, ha sentenziato: "Gibo, tu sei affetto dalla sindrome di Mamma Papera". So che Gilberto non ama questa battuta, ma tanto lui non legge il blog!!